Ripresero le occupazioni di terre in tutto il Lazio
A livello di sistema agrario, nel Lazio prevaleva il latifondo: in particolare, nella provincia di Roma era diffusa quella che Antonio Cederna definì «un’agricoltura d’attesa», cioè un uso agricolo degli appezzamenti di terra in attesa di una destinazione speculativa dell’area. Di questi latifondi era principalmente proprietaria l’aristocrazia romana: i Torlonia, gli Odescalchi, i Boncompagni, la marchesa Sforza Cesarini. Come abbiamo visto, l’individuazione da parte del Pci di «200 famiglie» (nobili legati al Vaticano, agrari, industriali, gestori dei servizi pubblici che monopolizzavano a Roma il rifornimento dell’acqua, del gas, della luce elettrica e detenevano in pratica l’esclusiva degli appalti delle opere pubbliche, ecc.) era uno modo per poter «collegare le lotte per l’occupazione, per la salvaguardia e la riconversione delle industrie esistenti, per una nuova industrializzazione, con le lotte agrarie. L’intreccio tra potere politico ed economico, fra proprietà e speculazione, conduceva naturalmente alla grande proprietà assenteista, alla quale si contrapponevano braccianti, compartecipanti, contadini poveri» <953.
Fu questo il contesto in cui, nell’immediato dopoguerra, si svilupparono molte lotte contadine, che Gino Settimi, presidente dell’Alleanza provinciale dei contadini di Roma alla metà degli anni ’70, definì come «lotte rivendicative per soddisfare l’aspirazione secolare alla terra» che avevano anche «contenuti strutturali, volevano eliminare cioè i residui feudali. L’occupazione delle terre, le battaglie per l’equo canone, per la giusta causa permanente, quelle mezzadrili tendevano ad intaccare la struttura della proprietà terriera» <954.
Per tutto il 1949, in attesa delle iniziative di riforma agraria, la conflittualità nelle campagne fu crescente in tutto il Paese: in quello che è stato definito come l’anno dell’«assalto al latifondo» e della «riscossa contadina» <955, l’aspirazione del mondo contadino era la redistribuzione della terra, il superamento del latifondo e la diffusione della piccola proprietà <956. Tuttavia, come ha evidenziato lo storico Silvio Lanaro, queste lotte, per quanto diffuse in tutto il paese, avevano obiettivi – si andava dalla suddivisione del latifondo a una razionalizzazione delle colture che aumentasse le opportunità di lavoro, dalla riduzione dei canoni di affitto per i coloni alle assunzioni nelle imprese di bonifica – e forme di lotta diversi: non trovarono, quindi, un coordinamento unitario <957.
Nella prima metà del 1949, mentre tutti i braccianti e i lavoratori agricoli della penisola erano in agitazione, a Roma gli scioperi agrari ebbero un’adesione molto bassa e limitata principalmente alla zona di Maccarese <958: dei numerosi comizi organizzati dalla Federterra, molti andarono deserti.
Alla fine dell’ottobre 1949, gli eccidi di Melissa e di Isola Caporizzuto, in Calabria, fecero da denotatore a un nuovo ciclo di lotte contadine in tutta Italia, la cui estensione, probabilmente, non era stata prevista neanche dal Pci: i comunisti, anzi, furono colti di sorpresa da questa ondata di lotte, come ammise lo stesso Togliatti in una Direzione del partito del novembre 1949 <959. Come sottolineato dallo storico Aldo Agosti, questo movimento fu molto importante per l’affermazione di nuovi equilibri politici e sociali dell’Italia meridionale, dove non c’era stata la Resistenza, ma le lotte contadine rimasero separate da quelle operaie del Nord anche per l’incapacità del Pci di saldare le rispettive rivendicazioni <960.
Alla fine del novembre 1949 – e poi, soprattutto, nel mese successivo – ripresero le occupazioni di terre in tutto il Lazio, coinvolgendo così anche l’Agro Romano e alcune aree più vicine al centro cittadino. Con una comunicazione del 14 novembre, il prefetto di Roma Trinchero informò la questura della capitale della necessità di prendere “in seria considerazione il pericolo che vengano effettuati in questa Provincia tentativi di occupazioni di terre così dette incolte. Se si considera che in questa Provincia dopo il 1947 non si sono più avute occupazioni di terre e che il numero delle domande di concessioni è enormemente diminuito, appare evidente che il pericolo sopra accennato torna a riaffiorare in seguito agli incidenti verificatisi in Calabria e, quindi, per ragioni politiche e per effetto di una subdola opera di propaganda e di incitamento. Difatti “l’Unità” nella cronaca del Lazio n. 266, del 9 c.m., ha pubblicato un articolo “Terre incolte” a firma di Antonio Bongiorno, nuovo segretario della Confederterra Romana, con il quale si è impostata, fra l’altro, la situazione particolare delle così dette terre incolte in Provincia di Roma con informazioni e notizie inesatte, artatamente combinate e falsate allo scopo di preparare gli animi della massa alle eventuali, e forse prossime, lotte di lavoratori della terra contro i maggiori proprietari dell’Agro Romano. […] Sembra, poi, che presso la Federterra e la Camera confederale del Lavoro di Roma si svolgano riunioni di agitatori per l’organizzazione di una campagna diretta a provocare le occupazioni, che dovrebbero avere simultaneamente inizio in un determinato giorno in varie zone dell’Agro Romano e del restante territorio della Provincia, seguendo la tattica di far occupare limitate astensioni di terreno per ogni tenuta, costellando così di occupanti tutta la zona, per rendere ovviamente più difficoltoso, sotto ogni aspetto, l’intervento delle forze dell’ordine”. <961
In una circolare del 3 dicembre, Pòlito [n.d.r.: questore di Roma] affermò che, in conformità alle disposizioni della Confederterra di Roma, il giorno successivo avrebbero dovuto avere inizio le occupazioni di terre considerate incolte. Secondo Pòlito, la maggior parte delle invasioni sarebbero state effettuate da contadini provenienti dai comuni di Zagarolo, San Cesareo, Colonna, Montecompatri, Monteporzio, San Vito Romano, Pisoniano, Albano Laziale, Marino, Genzano, Grottaferrata, Lanuvio, Velletri, Rocca di Papa, Valmontone, Labico, Civitavecchia, Tolfa Allumiere, San Severa e Santa Marinella: coloro che non avevano terre da occupare nei propri comuni, si sarebbero recati in altre zone dell’Agro Romano e, in particolare per il comune di Roma, nella borgata di Torre Gaia (proprietà Grazioli, Cavazza, Ercolani) e al Divino Amore (tenuta Lanza). Oltre a queste tenute, nel Comune di Roma, secondo le notizie giunte in questura, si sarebbero volute occupare anche la tenuta in località Torre (frazione La Storta), la tenuta della principessa Hercolani in via Rocca Cencia altezza via Casilina km. 18 (oggi Borgata Finocchio), la tenuta del Duca Grazioli in località Osa (Osteria dell’Osa si trova oggi nella zona delle Torri) e la tenuta Vaccareccia del marchese Ferraioli, a Roma nord. In queste lotte, si evidenziò uno stretto rapporto tra Roma e la provincia. Come ha ricordato Aldo Tozzetti, “cosa avrebbero potuto fare questi contadini, lontani decine di chilometri dai loro paesi d’origine, senza la solidarietà attiva della popolazione di Roma? Tutte le notti venivano rastrellati dalla polizia, caricati sui camion, condotti a Roma e dispersi in varie parti della città. D’accordo con il movimento democratico, con le consulte popolari, i contadini si riunivano nella sezione Trionfale del partito comunista e la mattina dopo, a bordo di camion carichi anche di viveri e di coperte, tornavano sulle terre occupate”. <962
Le indicazioni di Pòlito per arginare queste possibili invasioni furono nette e decise a evitare episodi che potessero avere un’eco negativa nell’opinione pubblica: “Esperimenteranno, dapprima, accorta ed intelligente opera di persuasone per far desistere gli organizzatori ed i promotori da azioni illegali, avvertendoli della responsabilità penale cui vanno incontro. Ogni accorgimento dovrà adottarsi per scongiurare spiacevoli incidenti, che potrebbero essere sfruttati per finalità politiche. L’intervento in forza, in caso di assoluta necessità, per il ripristino dell’ordine eventualmente turbato, dovrà essere, possibilmente, sempre ordinato e diretto dai Sigg. Funzionari e dagli Ufficiali dell’Arma”. <963
Effettivamente, a partire dalla mattina del 4 dicembre si ebbero molti movimenti dei braccianti agricoli, che si diressero a occupare delle terre incolte, principalmente di proprietà di nobili <964.
Secondo una relazione del Gruppo esterno della Legione territoriale dei Carabinieri di Roma, essi erano dovuti intervenire in molte località: “1) Tenute lungo via Aurelia: Circa 40 elementi cooperativa Pisoniano invadevano tenuta “Gualdi” altezza km. 18 via Aurelia, abbandonandola successivamente seguito intervento Arma Castel di Guido; Altri 60-70 elementi medesima cooperativa Pisoniano hanno occupato terreno proprietà Banco S. Spirito via della Muratella – km. 22-28; Circa 120 braccianti cooperativa S. Vito Romano sostano km. 20 detta via Aurelia attesa disposizioni dirigenti, controllati Arma et P.S. 2) Tenute lungo via Casilina: Circa 50 elementi cooperativa Montecompatri et altri 400 elementi stessa cooperativa Montecompatri et Monteporzio successivamente affluiti at Km. 18 via Casilina per occupare terreni tenute Principessa Ercolani et Duca Grazioli hanno desistito proposito, allontanandosi località seguito intervento comandante tenenza Arma Casilina, cui si sono limitati indicare terreni di cui avrebbero preteso assegnazione. 3) Tenute lungo via Tiburtina: Circa 50 elementi cooperativa Italo Grimaldi – Settecamini hanno invaso tenuta Marchese Gerini km. 10 Tiburtina. Seguito intervento comandante stazione Ponte Mammolo hanno sgombrato terreno, lasciando memoria medesimo sottufficiale circa loro aspirazioni; Altri 20 elementi cooperativa Grimaldi hanno occupato 5 ettari terreno proprietà Bonanni km. 13 Tiburtina (Settecamini); 20 elementi sempre detta cooperativa hanno picchettato 10 ettari terreno incolto tenuta “Marco Simoni” proprietà Principe Brancaccio km. 18 Tiburtina (Settecamini). 4) Tenute lungo via Prenestina: […] Circa 50-60 elementi cooperativa Monteporzio Catone hanno picchettato in località Osa (Km. 15-16 Prenestina) tenuta Principessa Caravita, sgombrandola in seguito intervento Arma Stazione Tor Sapienza. 4) Tenute lungo via Ardeatina: Presenza forte contingente carabinieri tenenza S. Paolo habet indotto elementi provenienti Marino at desistere ogni tentativo occupazione tenuta “Falcognane” – F.lli Lanza – Divino Amore”. <965
Nonostante questi interventi delle forze dell’ordine, il 4 dicembre, furono occupate anche altre terre. Secondo Pòlito, interventi tempestivi, effettuati dalle forze locali di polizia, hanno consentito di controllare la situazione generale e sono valsi, in molti casi, a scongiurare le invasioni delle terre cosiddette incolte. Pur tuttavia, in alcune zone, gruppi di braccianti agricoli, forti del loro numero, non hanno aderito all’invito e alle diffide di desistere dall’azione illegale, e si sono recati ad effettuare occupazioni simboliche nelle seguenti località: 1°) verso le ore 8 di stamane, nella tenuta del Conte Manzolini, sita nella località “Palmarola Nova”, tra la borgata Ottavia e La Storta, al km. 14 di via Trionfale, circa 300 braccianti della Cooperativa “Pace e Lavoro”, di Ottavia, dopo aver scacciato il gregge, ivi pascolante, hanno occupato e picchettato un appezzamento di terreno. Per il ripristino dell’ordine e della legalità, è stato inviato sul posto una colonna autocarrata di guardie e carabinieri […]; 3°) le Tenute, site nella Borgata di Torre Gaia, sulla via Casilina, sono state occupate da circa 400 braccianti, provenienti da Montecompatri e Monteporzio. Il Tenente dei CC. della Tenenza Casilina, portatosi sul posto con adeguati rinforzi, ha fatto allontanare, senza necessità di intervento in forza, gli occupanti abusivi, invitandoli a seguire la via legale per ottenere l’invocata concessione delle terre; […] 9°) Terreno in località “Pontemammolo” è stato simbolicamente occupato da circa 50 braccianti, ma, mentre ne effettuavano il picchettamento, gli stessi sono stati allontanati dalle forze di polizia che hanno rimosso i picchetti; […] 13°) due colonne, provenienti da Monteporzio Catone, si sono portate in località “Finocchio”, e quivi, dopo aver fatto constatare all’Ufficiale dell’Arma presente sul posto che i terreni, che avevano intenzione d occupare, risultano incolti, hanno fatto ritorno ai rispettivi comuni; 14°) verso le ore 12,30 una colonna di forze di polizia al comando di funzionario di questo Ufficio Politico (Dr. Fontana) ha impedito l’occupazione della tenuta di proprietà Giorgi – di Monforte, sita sulla via Salaria, in prossimità di Roma; 15°) verso le ore 13,15, altre forze di polizia, al comando del Dr. Laurenziano, hanno disperso circa 300 contadini, che si accingevano ad invadere la tenuta del Notaio Balzi, sita in località Casteldiguida, sulla via Aurelia – km. 19 – nell’operazione sono state fermate 15 persone sprovviste di documenti di riconoscimento. Altri 20 fermi sono stati operati tra i braccianti, che avevano occupato la tenuta Manzolini, al km. 14 della via Trionfale, e che sono stati estromessi da una colonna di forze di polizia, diretta dal Commissariato di P.S. Dr. Angilella <966.
In una comunicazione successiva, Pòlito affermò che nella tenuta del conte Manzolini di Palmarola Nova, i picchetti degli occupanti erano stati rimossi senza incidenti, erano stati fermati ventitré di essi, tra cui quattro donne, ed erano stati portati in questura. Un nuovo tentativo pomeridiano di occupazione della tenuta Giorgi-Monfort, condotto da circa centocinquanta contadini guidati dai dirigenti della Federterra e dell’Anpi, era stato evitato, ed erano stati fermati sei dei dirigenti <967.
Il 5 dicembre risultavano ancora occupate solo la tenuta del Pio Istituto Santo Spirito al km 14 della via Aurelia, la proprietà Balsi, al km 17 della via Aurelia, la proprietà Lancillotti al km 10 della via Boccea, la proprietà dei fratelli Piscini in località Centrone (via della Muratella), dove una settantina di persone sostavano all’interno della tenuta <968: sia i terreni dell’Istituto di Santo Spirito sia quelli della tenuta Centrone erano stati occupati dopo una prima estromissione degli occupanti <969. Il 6 dicembre, i carabinieri allontanarono gli occupanti della tenuta Centrone, procedendo al fermo di tre «sobillatori» <970. Secondo la Camera del Lavoro, il 6 dicembre «a Ottavia come a Fiano e Torlupara sono stati operati arresti di 15 contadini che lavoravano la terra. Alcuni occupanti di Pisoniano, arrestati dalla celere e portati a Roma, non appena rilasciati sono immediatamente ritornati sulla terra e ne hanno continuato la lavorazione» <971.
In queste operazioni, come messo in luce anche da un articolo del «Tempo» <972, furono fermate molte persone. In un articolo sull’«Unità», che riprendeva un comunicato della Federterra, si denunciarono «le violenze delle forze di polizia, impiegate bestialmente ed in modo massiccio contro contadini inermi, rei solo di voler mettere a coltura terre da decenni incolte per l’egoismo di pochi sfruttatori» <973.
Anche nella giornata del 6, continuarono i tentativi di occupazione: un gruppo di braccianti della Cooperativa Carpici tentò di invadere una proprietà del barone Lazzaroni a Tor di Quinto ma si allontanò al sopraggiungere dei carabinieri; alcuni contadini di Castel Madama, allontanati dalla tenuta Marcigliana del duca Grazioli di via Salaria km 14, ritornarono nei pressi della tenuta, accampandosi in una grotta lì vicino; un gruppo di braccianti invase la tenuta Anzillotti, al km 10 di via Boccea, ma i carabinieri sgomberarono il terreno, fermarono nove persone e sequestrarono due trattori <974.
Nella mattinata del 7 dicembre, gruppi di braccianti – secondo Pòlito «molto meno numerosi di quelli dei giorni scorsi» <975 – si diressero verso i territori già occupati nei giorni precedenti. In gran parte, furono allontanati dalle forze di polizia prima di poter procedere alle occupazioni. Carabinieri e polizia sgomberarono i contadini della Cooperativa Pisoniano sia dalla tenuta Centrone (arrestando venti persone secondo i carabinieri <976, ventisette – «dimostratesi le più riottose all’invito di allontanamento» <977 – secondo il questore) e dalla tenuta Testa di Lepre del principe Doria (fermandone otto). I carabinieri della tenenza di Montesacro, inoltre, sgomberarono la tenuta Marcigliana del duca Grazioli Lante da circa cento braccianti della tenuta Castel Madama, che vi avevano iniziato la semina: quaranta furono fermati, mentre gli altri sessanta, in prevalenza donne e minori, furono ricondotti a Tivoli <978.
Secondo Aldo Natoli, intervistato dall’«Unità», l’atteggiamento delle forze dell’ordine durante questi episodi di sgombero, per quanto teso a scongiurare ulteriori eccidi dopo quelli di Melissa e Torremaggiore, non era stato certamente paterno: «Non c’è dubbio, per esempio, che l’uso del mitra debba essere stato per lo meno sconsigliato. In compenso, però, i solerti funzionari della Questura di Roma hanno escogitato una tattica complessa, come se conducessero contro i braccianti una vera e propria guerriglia, anche se con l’esclusione, fino a questo momento, della armi da fuoco. Sono stati operati in questi giorni centinaia di fermi, con una tecnica che ricorda quella del prelevamento degli ostaggi, o le razzie tedesche. Gruppi di braccianti, uomini e donne, vengono sistematicamente rastrellati, caricati su camions, trasportati a Roma e poi abbandonati a piccoli gruppi, qua e là, in luoghi diversi, allo scopo di sbandarli e disperderli. […] Altre volte la polizia compie veri e propri ratti» <979.
[NOTE]
953 Perna, Dalla liberazione di Roma ai movimenti di massa per la terra, l’occupazione, la democrazia e la pace, cit., pp. 45 6.
954 G. Settimi, L’attacco contro il latifondo in provincia di Roma, in Il movimento contadino nella storia del Lazio, 1945-1975, Atti del convegno indetto dall’Alleanza contadini del Lazio (Roma, 30 ottobre 1975), p. 101.
955 Santarelli, Storia critica della Repubblica, cit., p. 71.
956 Cfr. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, cit., pp. 160-87, Turone, Storia del sindacato in Italia, cit., pp. 173-8 e Malgeri, La stagione del centrismo, cit., pp. 98-109. Sulla posizione del Pci nei confronti del bracciantato agricolo e delle sue richieste, cfr. Ivi, pp. 98-9 e Gozzini, Martinelli, Storia del Partito comunista italiano, VII, cit., pp. 84-106.
957 Lanaro, Storia dell’Italia repubblicana, cit., p. 228.
958 Acs, Mi, Ps, 1949, b. 49, f. “Roma – Lavoratori agricoli”. Passim.
959 Agosti, Togliatti, cit., p. 380.
960 Ibidem.
961 Acs, Mi, Ps, 1949, b. 68, f. “Roma – Agitazioni”, s. 6 “Lavoratori agricoli”. Comunicazione di Trinchero del 14 novembre 1949 riportata in una circolare di Pòlito del 22 novembre 1949. Pòlito diede ordini netti su come reprimere tali possibili occupazioni: «Le SS.LL. esperimenteranno dapprima tutti i mezzi persuasivi per scongiurare azioni di violenza o, comunque, illegali, e soltanto in caso di palesata resistenza, agiranno con la dovuta energia, a termini di legge, contro autori e promotori» (Ibidem).
962 Tozzetti, La casa e non solo, cit., p. 31.
963 Acs, Mi, Ps, 1949, b. 68, f. “Roma – Agitazioni”, s. 6 “Lavoratori agricoli”. Circolare di servizio di Pòlito del 3 dicembre 1949.
964 Da 48 ore i braccianti occupano le terre incolte dei principi romani, «l’Unità», 6 dicembre 1949.
965 Acs, Mi, Ps, 1949, b. 68, f. “Roma – Agitazioni”, s. 6 “Lavoratori agricoli”. Comunicazione del Gruppo esterno della Legione Territoriale dei Carabinieri del 4 dicembre 1949.
966 Ivi. Comunicazione di Pòlito del 4 dicembre 1949.
967 Ibidem
968 Ivi. Comunicazione del Gruppo Esterno della Legione territoriale dei carabinieri di Roma del 5 dicembre 1949.
969 Ivi. Comunicazione di Pòlito del 5 dicembre 1949.
970 Ivi. Comunicazione del Gruppo esterno della Legione Territoriale dei Carabinieri di Roma del 6 dicembre 1949.
971 Archivio storico Cgil Lazio, Cdl Roma, Comunicati, 1949. Comunicato del 6 dicembre 1949.
972 Numerosi fermi in periferia per l’occupazione di terre, «Il Tempo», 7 dicembre 1949.
973 18000 contadini arano i latifondi dell’Agro nonostante la Celere e le cariche di cavalleria, «l’Unità», 7 dicembre 1949. Il comunicato e l’articolo si riferiscono a tutta la Provincia, non solo al Comune di Roma. Gli incidenti più gravi, secondo il quotidiano comunista, si sarebbero verificati a Monterotondo, dove gli occupanti sarebbero stati caricati dalla polizia a cavallo. Secondo una comunicazione di Pòlito, invece, erano stati inviati sul posto «una colonna di Forze di Polizia ed un plotone di Carabinieri a cavallo», ma «all’arrivo della colonna sul posto gli occupanti si sono allontanati» (Acs, Mi, Ps, 1949, b. 68, f. “Roma – Agitazioni”, s. 6 “Lavoratori agricoli”. Comunicazione di Pòlito del 6 dicembre 1949).
974 Ibidem.
975 Ivi. Comunicazione di Pòlito del 7 dicembre 1949.
976 Ivi. Fonogramma della Legione territoriale dei Carabinieri di Roma del 7 dicembre 1949, ore 18.
977 Ivi. Comunicazione di Pòlito del 7 dicembre 1949.
978 Ivi. Fonogramma della Legione territoriale dei Carabinieri di Roma del 7 dicembre 1949, ore 18.
979 Alla guerriglia condotta dalla Polizia rispondono arando la terra occupata, «l’Unità», 8 dicembre 1949. Qualche giorno prima, un articolo di Luca Pavolini aveva invece descritto con toni più pacati l’atteggiamento dei carabinieri: «Gruppetti di carabinieri hanno seguito le colonne in marcia e sono rimasti sui margini dei campi a guardare le lavorazioni. Qualcuno di loro, nei paesi vicini, aveva il padre o il fratello impegnato ad occupare altre terre. Solo in qualche punto i carabinieri sono intervenuti. […] I carabinieri – così come aveva assistito alle pacifiche occupazioni – hanno assistito anche alle razzie dei “celerini”. “Li comandano, che devono fare?”, ci diceva un maresciallo panciuto, pieno d’esperienza e di capelli grigi» (Da 48 ore i braccianti occupano le terre incolte dei principi romani, «l’Unità», 6 dicembre 1949).
Ilenia Rossini, Conflittualità sociale, violenza politica e collettiva e gestione dell’ordine pubblico a Roma (luglio 1948-luglio 1960), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Anno Accademico 2014-2015
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