Ray Bradbury, "Il popolo dell'autunno", 1962
Altra bombetta che ho letto grazie all'iniziativa #Urania 70 anni di futuro.
In realtà, non è una storia di fantascienza, ma siamo dalle parti del racconto di tensione, con elementi soprannatirali. Quello che poi King ci riproporrà con storie bellissime e di successo qualche anno dopo ("Carrie", il primo romanzo, è del '74).
Qui troviamo 2 ragazzi (sui 13 anni) alle prese con uno spaventoso mistero (reso superbamente dalla prosa evocativa di Bradbury, che in ogni suo libro non scrive solo belle storie, ma fa letteratura).
Insomma, quello che "Luca" della Disney ci ha raccontato l'anno scorso, qui lo ritroviamo (secondo me, ancora meglio, perché meno studiato a tavolino: intendiamoci, non so se fosse stato un obiettivo di Bradburry raccontare un affetto così forte tra due amici per obiettivi di progressismo sociale, ma nel libro questo elemento resta fortissimo e centrale).
In ogni caso, troviamo anche altri temi interessanti, come la narrazione della depressione di un adulto e di come ognuno trovi a modo suo la forza di andare avanti comunque.
Ovviamente, siamo in America, a inizi anni '60. Quindi, nel libro ci sono anche cose che oggi (a molti, spero) possono infastidire, come tanti luoghi comuni sulle donne (viste solo come madri, pettegole, pavide) e il fatto che non ci sia un personaggio femminile degno di nota.
La nemesi, Dark l'uomo illustrato, è uno dei cattivi più belli che abbia mai letto.
E credo che abbia ispirato tanti personaggi in seguito (me ne ricordo uno di Grant Morrison e anche tutti i cattivi dell'ultima stagione di Heroes).
Bellissima lettura, che mi lascia un insegnamento utilissimo: l'unico modo per non soccombere, è ridere in faccia al male.
Giacché, ancora condivido il vecchio adagio ottocentesco che ci consigliava di seppellirli con un sorriso. Chi? I cattivi, quelli veri.