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Da queste informazioni è pacifico ritenere che la rete americana, o almeno alcuni suoi esponenti, fosse a conoscenza delle attività eversive di On prima ancora che le stragi avessero luogo, grazie all’attività informativa di uomini come Digilio. Le informazioni concernenti gli esplosivi destinati a Piazza Fontana e a Piazza della Loggia, nonché quelle riguardanti l’incontro di Colognola. Nel caso dell’esplosivo utilizzato presso la Banca dell’agricoltura, come si è visto Digilio ha più volte testimoniato di aver visionato a Mestre delle cassette militari contenenti esplosivo con delle scritte in inglese. In un’altra sede Digilio ha raccontato di essere stato inviato, tramite il prof. Lino Franco, un membro della struttura americana, a controllare l’arsenale di armi ed esplosivi che Ventura e Zorzi detenevano presso un casolare in provincia di Treviso, che a detta di Ventura sarebbe stato utilizzato per compiere un attentato ad un’alta personalità dello stato <1023. Nel caso dell’esplosivo utilizzato a Brescia, invece, egli ha affermato di aver appreso che sarebbe stato Soffiati, uomo dei Servizi americani, a trasportarlo all’interno di una valigetta. In entrambi i casi, quindi, l’esplosivo impiegato sarebbe stato di provenienza americana. Nell’incontro di Colognola, invece, Maggi aveva avvisato tutti di stare attenti perché presto ci sarebbe stato un attentato a scopo terroristico. Inoltre, in un incontro successivo al 28 maggio, Maggi aveva anticipato che alla strage di Piazza della Loggia avrebbero fatto seguito nuovi e più gravi attentati, che non dovevano essere sconosciuti agli Servizi americani in quanto Maggi era un loro informatore.
Le rivelazioni che riguardano la notizia per cui Minetto si sia recato sul luogo della strage di Piazza della Loggia per verificare quali fossero state le reazioni e i commenti seguiti all’attentato, in modo da farne una relazione alla Cia.
Anche in relazione alle numerose riunioni organizzate in Veneto gli atti processuali confermano sostanzialmente il quadro fornito da Digilio. La presenza di ufficiali italiani e americani alle riunioni della destra eversiva, al termine delle quali venivano distribuite armi provenienti dai sequestri dei Carabinieri di Padova sottolinea, ancora una volta, il comune interesse a bloccare ad ogni costo l’avanza comunista. La questione delle armi si collega direttamente a quella delle esercitazioni ad opera dei Servizi segreti americani per elementi italiani. Non è possibile affermare con certezza che l’organizzazione delle esercitazioni e la distribuzione delle armi fossero finalizzate alla realizzazione degli attentati, ma bisogna comunque considerare che i neofascisti italiani presenti erano ben conosciuti alla rete informativa statunitense, di cui erano peraltro informatori, e sappiamo che si trattava comunque di persone spregiudicate e senza scrupoli.
Bisogna poi considerare un altro elemento, costituito dalla relazione esistente tra la nascita delle centrali neofasciste in Veneto, e la presenza di basi statunitensi nella medesima regione. Si tratta più di una semplice coincidenza. Per indicazioni dello stesso Borghese, egli aveva costituito il Fronte nazionale su indicazione di James Jesus Angleton, dirigente della Cia, da cui era stato incoraggiato a imprimere una svolta nella politica italiana che bloccasse la penetrazione comunista <1024. Anche dietro la costituzione di On, nato nel 1966, appare esserci l’ombra dei Servizi segreti americani. Ciò comprova la priorità dell’impegno militare per il contenimento dell’espansione comunista.
Sembra infine accreditata l’ipotesi per cui, nonostante la Casa Bianca rimase sempre sostanzialmente contraria ai disegni di colpo di Stato e in generale ostile ad ogni possibilità di destabilizzazione, in quanto le possibilità di successo di tali progetti erano ritenuto scarse e un eventuale fallimento non avrebbe fatto altro che il gioco del Pci, le sedi diplomatiche e la Presidenza, o almeno certe parti di essa, non potessero non sapere. A supporto di questa teoria esistono diverse evidenze. Basti pensare ai finanziamenti fortemente voluti da Martin per stabilizzare la situazione italiana. Nelle intenzioni dell’ambasciatore i finanziamenti americani, che doveva allora avere un “catalytic effect”, dovevano cioè essere in grado di rivitalizzare le energie dei sostenitori della lotta al comunismo, finirono in buona parte nelle mani di personaggi direttamente coinvolti nelle stragi. Basti pensare agli 800.000 milioni consegnati a Vito Miceli, le cui connessioni con il terrorismo italiano erano ben note all’Ambasciata <1025.
In conclusione, dunque, non è possibile stabilire in che misura gli uomini di destra abbiano agito autonomamente o siano stati spinti dalla rete informativa americana, né si può stabilire a quali livelli e in quale catena di comando possano essere state assunte le decisioni di porre le bombe, ma da quanto affermato emerge che il ruolo americano oltrepassa di molto la semplice attività informativa e il “controllo senza repressione” che si è ipotizzato per gli organi della diplomazia, fino a configurarsi come la sostanziale condivisione di una strategia. Tutti gli eventi principali che hanno caratterizzato la stagione delle stragi in Italia presentano infatti non soltanto un elemento di controllo da parte della struttura di intelligence americana, ma arrivano sino a prevedere un’attività di aperto sostegno e di favoreggiamento delle scelte di On, e in certi casi anche una consulenza e un supporto tecnico delle attività in oggetto, che comunque nelle intenzioni statunitensi dovevano avere un effetto dimostrativo senza provocare vittime <1026. La strategia della tensione va quindi inserita in un quadro di responsabilità più ampio e articolato di quello strettamente nazionale. Il contesto descritto testimonia l’interesse dei servizi segreti americani a non fermare certi fenomeni eversivi che contribuivano a mantenere il nostro Paese in un determinato status quo politico. A questo proposito è sterile una qualunque contrapposizione fra “pista straniera” e “pista interna”. “Qualsiasi intervento straniero – data la portata e la durata temporale delle operazioni legate alla strategia della tensione, non avrebbe potuto realizzarsi senza il supporto compiacente di ampi settori istituzionali italiani. […] E, dunque, non vi è ragione di ritenere che le due piste non si completino a vicenda” <1027. La documentazione disponibile è ancora troppo scarsa e frammentaria per esprimere pareri definitivi sulla natura dei rapporti tra servizi segreti americani e attori nazionali. Tuttavia, i risultati del presente lavoro ci inducono ad adottare un punto di vista intermedio tra un atteggiamento che sopravvaluta la capacità degli Usa di influenzare il terrorismo italiano, quindi una regia unica statunitense, con il risultato di appiattire lo spessore delle vicende italiane, e uno che sopravvaluti al contrario l’autonomia delle organizzazioni nazionali. Non bisogna infatti dimenticare che, ad impedire lo scontro armato in Italia, contribuirono in primo luogo soprattutto le forze della democrazia: da un lato il Pci, che “ha potuto continuare a svolgere normalmente la propria attività politica, senza sostanziali compressioni della sua libertà”. Dall’altro la Dc, cui va riconosciuto il merito storico “di essere stata capace di resistere alle spinte antidemocratiche che venivano sia dal suo elettorato che dall’esterno […] I due partiti avevano ciascuno al proprio interno spinte antidemocratiche, ma hanno saputo assorbirle, sia pure a prezzo di logoranti scontri politici interni”. Si tratta di due storie speculari, che interagiscono tra loro, segnano la specificità della situazione italiana e cercano comunque di assecondare le rispettive evoluzioni democratiche, “nella consapevolezza che la complementarietà di queste due evoluzioni era essenziale al mantenimento della democrazia”. Un episodio è significativo di questa tendenza: “Taviani ci ha raccontato che l’ambasciatrice americana a Roma, [Claire Boothe Luce] con cui Randolfo Pacciardi aveva un rapporto di amicizia molto stretto, premeva su Mario Scelba, allora ministro degli Interni ed esponente dell’ala dura della Dc, per indurlo a usare il pugno di ferro nei confronti del Pci. E Scelba, secondo Taviani, rispose: “Noi siamo una democrazia, non un paese sudamericano. Certe cose le potete chiedere a loro, non a noi” <1028. La tradizione antifascista molto radicata nel paese ha sconfitto i suoi stessi nemici: i numerosi errori e le manchevolezze da parte della democrazia, furono compensati da scelte e decisioni che portarono alla sconfitta del fenomeno terroristico. Inoltre, malgrado la lunghezza delle vicende giudiziarie, e al di là dell’esito del giudizio, a quarant’anni di distanza i responsabili sono stati tutti rintracciati e processati, e il ruolo degli apparati di sicurezza atlantici e in linea generale delineato <1029.
[NOTE]
1023 Interrogatorio di Carlo Digilio di fronte al G.I. Guido Salvini, 19 febbraio 1994, in Atti BS/fasc. U-a-2, pp. 37-41; e interrogatorio del 5 marzo 1994, in Ibid. pp. 42-45.
1024 A. Giannuli, Il noto servizio, cit. p. 146.
1025 L. Guarna, L’Italia degli anni Settanta vista da Washington, cit. p. 168.
1026 Diverse fonti confermano questo elemento di “perdita del controllo” da parte degli ambienti statunitensi e del conseguente senso di smarrimento da parte dei neofascisti italiani. In più occasioni, Soffiati avrebbe affermato “dove ci stanno portando gli americani”. ln effetti la destra temeva che l’opinione pubblica, impressionata da fatti di grande gravità come le stragi, le si rivolgesse negativamente. Non è tuttavia possibile valutare pienamente la veridicità di questa tendenza. Interrogatorio di Carlo Digilio di fronte al G.I. Roberto di Martino, 20 gennaio 1997, in Atti BS/fasc. D-c-2, pp. 209-211.
1027 Relazione di Perizia del dott. A. Giannuli, 21 marzo 1997, cit. p. 284.
1028 G. Fasanella, C. Sestieri, G. Pellegrino, Segreto di stato, cit. p. 19.
1029 V. Satta, I nemici della repubblica. Storia degli anni di piombo, Milano, Rizzoli, 2016.
Letizia Marini, Resistenza antisovietica e guerra al comunismo in Italia. Il ruolo degli Stati Uniti. 1949-1974, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Macerata, 2020

https://collasgarba.wordpress.com/2024/10/24/finanziamenti-statunitensi-che-finirono-in-buona-parte-nelle-mani-di-personaggi-direttamente-coinvolti-nelle-stragi/

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Ecco il #nonogram che sa di una #attesa acerrima, intrisa di #ansia e #tensione, l’attesa che il professore carichi sulla temibile piattaforma digitale il #voto annunciato 5 minuti prima. Il tempo da ammazzare scorre un secondo al minuto, l’orologio biologico è bloccato. Un 19 dal retrogusto stupendamente politico, che ben si sposa con il sapore dello studio fatto un po’ così, e lo spirito del “17 e 2 figure”. Qual è la #paura? Che il docente riguardi un attimino meglio i #compiti freschi di manina, dopo averli alla bene e meglio guardati e commentati a voce per la prima volta, e magari faccia caso a quel dettaglio inserito volutamente per sviare le indagini, per far sembrare di aver fatto bene tutto l’esercizio, quando in realtà ne avrò fatto si e no tre quarti.

…ma il tempo alla fine è passato, e il voto è arrivato, e non si rifiuta, e l’ennesima perdita di #tempo è quindi ufficialmente chiusa. Ora però debbo finire questo nonogram, che ho lasciato in sospeso per #scrivere qui. 👻

https://octospacc.altervista.org/2024/02/15/laten-sione-del-lago-duria/

Davvero ben fatto quest'articolo di sulla delle tensioni elettriche e che si conferma essere come sempre una garanzia.

Aggiungo solo che BBT si può anche dire BTS, acronimo di bassissima tensione di sicurezza ed è un campo in cui si può operare in assoluta tranquillità, specie se viene usato un sistema .

geopop.it/alta-media-e-bassa-d

GeopopAlta, media e bassa: differenze e classificazione delle reti elettriche secondo la tensione di esercizioBy Gianluca Godi